Dissenso, razzismo in America & Obama

Ringrazio tutti molto per commenti e critiche del mio primo post su chiesa cattolica vs. chiesa americana. Apprezzo la passione del primo recensore, e accolgo l’ammonimento di un altro secondo cui il mio giudizio sulla condizione italiana va raffinato. Assolutamente—grazie ancora e continuiamo a dialogare. Vorrei ad ogni modo ribadire che non sono entrato in campo per ridicolizzare l’anticleralismo compatto dei partecipanti. Mi sembra di aver detto chiaramente di condividere alcuni degli orientamenti attualmente in corso. Il messaggio era un altro; e continuerò a svilupparlo nell’arco di questi interventi. La mia impressione è che quest’accanimento contro il Vaticano è eccessivo, sporporzionato—appare quasi totalizzante. Da quando son tornato non faccio altro che sentire gli scontenti inveire contro Berlusconi e Chiesa...*e basta*. Quello che vorrei vedere invece è il ricostituirsi di una vera forza di opposizione. Ora, mi aiutino i veterani–quelli forti di una consocenza provata del terreno politico nostrano; dove rivolgere lo sguardo? Abbiamo, tanto per cominciare, il PD—no comment; Di Pietro –mi fanno male i polpastrelli solo a scriverne il nome; e infine Rifondazione, la cui politica estera anti-USA andrebbe pure bene, se non fosse per il fatto che si stanno letteralmente polverizzando. Quindi ovviamente c’è parecchio da lavorare. Dovremmo ricostruire dal nulla, quasi. E vabbene. Quindi, dicevo, aiuto potrà venire anche da *parte* dei cattolici nel creare un movimento pacifista, nonviolento che si opponga a questa forma di oligarchismo capitalista dominante nel mondo sotto diverse varianti. Compito enorme, “vaste programme” direbbe De Gaulle. Voi direte, è quello che stiamo facendo, e non si costruisce se prima non si attacca, non si distrugge, non si prende di mira chi e cosa rappresenta un vero pericolo per il futuro di un movimento dissidente. Benissimo, d’accordo. Il mio punto è che nulla volendo togliere al lavoro di denuncia, critica e di scetticismo condotto dalla vasta rete di attivisti che cavalcano l’anticleralismo (e pure lì bisogna consentire un dibattito aperto e non agire fanaticamente—facciamo tutti uno sforzo) bisogna in ogni caso allargare il fronte della critica. Allargarlo, arricchirlo, dargli spessore. A me sta a cuore innanzitutto il duplice tema di povertà/guerra. Ora, come saprete, quando ci si muove in ambito ufficiale—non nei blog—ma nelle sale del potere, due sono i tabù; due sono le cose di cui non ci si deve neanche sognare di metter in discussione; 1. l’egemonia americana; 2. il presente sistema bancario-monetario. Se non ti azzardi a toccare queste due, puoi più o meno dire quello che ti pare—sempre diplomaticamente, beninteso. È anche per questo che tendo a rimanere piuttosto indifferente di fronte alle sparate contro la Chiesa cattolica (in America è un hobby nazionale); perché, realmente, non fanno paura a nessuno—in un’ottica di potere vero. Ma se poco poco i veri poteri vedessero la gente che, oltre a protestare contro la storia dell’eutanasia ecc., accoppia a questo tipo di denuncia una sistematica azione di rigetto nei confronti dell’ortodossia capitalista made in USA, allora vi assicuro che cominceranno a mostrare qualche segno di reale preoccupazione. Per non parlare, poi, dell’eventualità che si ribellino intelligentemente anche alla presente costruzione monetaria e ai suoi meccanismi di redistribuzione della ricchezza—allora, si ha rivoluzione. Un passo alla volta. Cominiciamo a parlare di quest’egemonia americana. È stato detto in uno dei commenti: bisogna resistere all’ingerenza di un paese estero—il riferimento era al Vaticano. Ora, io mancherò da vent’anni ma vi posso garantire, e tanto lo sapete benissimo, che siamo una colonia degli USA a tutti gli effetti, assai più del Vaticano, che è molto, ma molto più debole dell’impero USA. Il bombardamento ideologico a cui veniamo sottoposti dai loro organi propagandistici, i quali agiscono attraverso mille canali (ambasciate, testi universitari, interi dipartimenti accademici con annessi piani studi sull’intero territorio nazionale, multinazionali, media, editoria, librerie, informazione centralizzata, ecc.), è costante, poderoso, e ahimé, efficacissimo. Prova ne è questo “instant cult” messianico che si è creato per questa bolla d’aria che è Obama—e veniamo al dunque. Gli europei hanno un’idea completamente falsata degli Stati Uniti. Dovuta a una politica d’immagine—un marketing superbo che ne ha proeittato un’immagine rosea, positiva, accattivante. Annoiati dalla nostra stasi completa, depressi dalla profonda crisi culturale sopravvenuta negli anni ’80 –da cui ancora non ci siamo ripresi— siamo sempre ammaliati dalla dinamicità di questo paese, dalla rapidità con cui sforna musica e film—il mito. Storia che conosco bene, perché mi ci son abbeverato sin dalla nascita (io sono nato sulla costa est). E mi ci è voluto un pò per scrostare la patina e cercare di capire che cosa stessimo effettivamente idolatrando. Era quell’efficienza che i nostri tradizionali e orridi ritmi burocractici ci impediscono di realizzare, e tutta quell’attenzione e denaro devoluto negli USA alla propaganda e quindi alle arti e all’espressione che ci comunica quel senso di produzione a getto continuo, e che al contempo fa apparire tutto contratto e stitico da noi. Non bravi loro, ma vergogna noi. Ho girato il mondo e posso dire con tutta tranquillità che non esiste popolazione più fanatizzata (patriottica) e più razzista di quella americana (avrei anche parecchie storie personali da raccontare al riguardo). Il loro disprezzo per il non-WASP, e la loro neurosi razziale sono assoluti. Quello della razza è un problema ancora non risolto ai giorni nostri--tutta la fanfara sulla pelle di Obama ne è un riflesso evidente. In breve, la storia è la seguente: nei primi anni 60 tentarono di agganciare il convoglio di Luther King alla presidenza di Kennedy, ci riuscirono in parte; l’ala intransigente di Malcolm X si mostrò contraria a quello che definì un “circo”. Vennero dunque varate varie leggi per offrire pari opportunità ai neri e mettere fine al segregazionismo. Ma le condizioni di partenza per i neri rimanevano comunque così svantaggiose che dopo pochi anni si votò l’introduzione ulteriore di quote razziali nelle istituzioni (nei posti di lavoro privati e non, e nelle università)—la cosiddetta Affirmative Action. Leggi che garantissero l’inserimento sistematico di persone di colore nel tessuto dell’ammistrazione USA. Il movimento nero, in ogni caso, risultò troppo ampio, troppo mobilizzato e perciò difficilmente gestibile, e così lo decapitarono sistematicamente: prima ammazzando Malcolm X sfruttando con abilità diabolica la faida all’interno della Nation of Islam; poi sparando a King nel ‘68, e infine facendo a pezzi le pantere nere nel 1970. Dopodiché il sistema –che era uscito un pò ammaccato ma vincitore dall’ultima grande stagione di protesta alla fine della guerra del Vietnam (1975)—si inventò questa fantastica frode del multiculturalismo. Si imbastì un fronte retorico dietro cui nascondere le oscenità di sempre. Cioè, incapace e per nulla intenzionato a realizzare quei cambiamenti economici e spirituali necessari al fine di porre termine a questa piaga del razzismo, il sistema americano promosse la creazione di dipartimenti accademici e programmi sociali volti a diffondere una cultura apparentemente tollerante in cui –a parole—si insegnava alla popolazione ad apprezzare e rispettare l’ “altro”, intimando che tutte le culture sono equivalenti, che l’uomo bianco è un mostro che si è pentito dello schiavismo, e che i neri—che adesso andavano chiamati a tutti gli effetti Afro-Americani— erano anch’essi naturalmente i depositari di un’eredità preziosissima, non meno preziosa di quella bianca—anzi di più; piu umana, più “soulful”. Naturalmente erano tutte balle perché non ci credeva nessuno (figurarsi, che gliene frega ai WASP del “soul”?...), e meno di tutti i neri stessi, che, tuttavia, si sarebbero comunque avvalsi dell’Affirmative Action perché era l’unica via con cui gli si è consentito fino ad oggi “to play the system” (gli altri o vanno nell’esercito o marciscono nei ghetti). Così negli anni 80 sorsero nei campus americani facoltà di “African-American” studies, e di lì il passo sarebbe stato breve, per esempio, all’elogio istutuzionale del rap e della cultura del ghetto, che MTV ha reso “glamorous” negli ultimi 20 anni. Tutte queste azioni sono naturalmente pilotate da centri di potere bianchi, e gestite da satrapie—nodi di potere subalterni—delegati a produttori neri, in quello che adesso è un vero e proprio impero del rap (impero contro cui, ad esempio, lo stesso storico regista di “Malcolm X”, Spike Lee, tentò di scagliarsi giacché riteneva il “gangsta rap” barbaro, becero, violento e degradante per i neri d’america; si dovette ricredere prestissimo, e cambiare registro appena potè pur di rimanere nel duro giro di Hollywood—si veda un film come Bamboozled per capire il dilemma da lui affrontato). Così, sull’onda di questa istituzione essenzialmente conservatrice qual’è l’Affirmative Action—che impone quote razziali nell’allocamento dei posti di lavoro—in America è ormai pratica comune da una generazione a questa parte mettere gente di colore in posizioni di rilievo istituzionale—così da proiettare nell’opinione pubblica e tra i neri un finto senso di “empowerment” (conferimento di potere, responsabilità ed emancipazione). Ma, come detto prima, è pura cosmesi sociale destinata a mascherare le ingiustizie di sempre. L’amministrazione Clinton fu in questo senso la vera madre pioniera del “politically correct”; ma a farne un uso davvero strategico nonché spregiudicato fu lo stesso Bush II, che dispiegò le due corazzate –Powell e Rice— ai massimi livelli, facendo contemporaneamente leva sul supporto di base dei raggruppamenti Republican di neri e latinos. Tutti furbi, e guai a chi dava del razzista a Dick Cheney e all’ammistrazione Bush... “Oh,” ti rispondeva il popolino pro-Bush, “ c’abbiamo Colin Powell e la Condi, nera e donna, per giunta!...Che vuoi di più?”. Proprio così, e Dio sa se la fecero franca. Fu un’ammistrazione che riuscì a compiere cose inaudite—e Bush stesso recitò la parte del falco alla perfezione (ne riparlerò). Ma poi in fondo che significavano questi neri ai massimi vertici? Una vittoria per i neri d’America? C’è da ridere. Semmai era un’onta per la comunità nera. L’unico a fiatare fu Harry Belafonte che diede (nel 2002 credo) al suo compatriota giamaicano Powell del “House Servant”—un eufemismo per “House nigger”, che se, a te bianco, esce dalla bocca in America sei carne morta. Cioè, lo accusò di fare la parte del maggiordomo servile e codardo (un tempo a guardia della casa del capo-piantagione) per un clan di bianchi ultrareazionari—il che era vero, ma guai a dirlo. E il teatrino razzista al rovescio funzionò a meraviglia: quando dovevano andare in Iraq, i bianchi dell’entourage dicevano pubblicamente una cosa—e se qualcuno storceva il naso, scettico, eccoti apparire Powell, che la confermava, e tutti allora annuivano: “Eh, l’ha detto Powell...”—traduzione: “è nero: cioè è onesto, ha prestigio, a differenza di quei falchi schifosi intorno a Bush...” Ma che nessuno si azzardasse a dire che era un bugiardo e un corrotto come gli altri—e per giunta un traditore della causa nera, come sostenuto giustamente da Belafonte. Questo tipo di dinamica delirante, ma retoricamente testata, è stata portata al vertice del gioco con la candidatura di Obama alle presidenziali. Ripeto, Bush II è stato un presidente modello per quelle che sono le aspettative dei centri imperiali americani—riuscì a dare un volto popolare a quella manovra importantissima volta a sbloccare un dispiegamento in Medio Oriente e in Asia Centrale che con Clinton si era totalmente impelagato. Tant’è che la democraticissima America, sempre pronta a reinventarsi lo votò (o meglio, la fecero rivotare) per due volte consecutive...E poi la storia in Iraq gli andò male—e fu questo a fare imbestialire l’opinione pubblica, non le ovvie menzongne, tutta quella devastazione, quelle decine di migliaia di morti in Iraq (“who gives a fuck”—chi se ne fotte)—no, quello che non andò giù fu che nel 2006 la grande campagna militare era totalmente fallita. Non amano perdere gli Americani, affatto. Poi arrivò il crollo economico—che non era certo colpa di Bush; quello era il tonfo annunciato di una politica monetaria imperiale precisa e programmata, che va avanti da sola; ma il presidente di turno si prende la colpa quando le cose precipitano—queste sono le regole, non si discute (Bush padre aveva già pagato in questo senso nel 1992). Allora tutti dire quant’era cattivo Biush, che in fondo non era che una maschera (come tutti i presidenti)—adesso era TUTTA colpa sua. A questo punto era chiaro che il cast dello show andava cambiato radicalmente: ci voleva qualcosa che fosse quanto più distante dall’immagine neoconservatrice di W. Che avrebbero vinto i Democrats era scontato—adesso si trattava di indovinare quale testa di legno sarebbe stata avvitata su questo nuovo cast. Quando apparve la rosa dei candidati 2 anni fa, io puntai sulla Clinton—mia moglie, americana, ragionò diversamente: “gli americani,” disse, “sono ancor più sessisti che razzisti. Quindi la Clinton che è donna, un insider, e per lo più odiosa: non vince. Vince questo Obama—è perfetto.” E così fu. Era una totale incognita; non diceva niente nei suoi discorsi—tutta aria, ma era davvero perfetto: era nero senza esserlo (non è in questo senso minimamente rappresentativo della popolazione nera tipica), musulmano senza esserlo, e nuovo e senza macchia. Vinse, e comunque alla Clinton andò il secondo posto. La Clinton è un falco, un essere a mio avviso pericoloso, che si appresta a fare la nuova Albright (già minstro degli esteri sotto suo marito)—quel mostro, ve la ricordate?, che dichiarò a “60 minutes” (programma televisivo-nel 1996 se ricordo bene) che la morte dei 500.000 bambini iracheni per via delle sanzioni era un prezzo giusto da pagare per arginare Saddam—tutto questo sotto il simpatico Clinton, che andava a donne e suonava il sax. Obama è pura facciata, prescelto tra l’altro dal finanziere Soros (braccio finanziario e ideologico degli anglo-americani in Europa dell’Est), che durante la campagna, acquistò quello che veniva considerato l’ultimo organo propagandistico della sinitra americana, il sito moveon.org (pensa un pò come sta la sinistra americana...). Si dia un’occhiata ai suoi consiglieri: a capo del gruppo incaricato delle ripresa economica: Paul Volcker ex capo dellal Fed Reserve (banca centrale americana, 1979-1986) e artefice della svolta Neoliberale del 1979—quanto di più distante dalle aspirazioni pacifiche, laburiste e democratiche del popolo americano (e mondiale); quel bastardo di Gates, ex-CIA confermato alla Difesa; Brzezinski, già consigliere sotto Carter e autore di quel famoso manuale imperiale di conqusita dell’Eurasia, The Grand Chessboard, che tutti dovrebbero conoscere, ecc. Ma quale “change”? Adesso fanno i buoni; hanno visto che russi e cinesi sono pronti a estremi rimedi; si sono fermati davanti all’Iran; hanno rallentato le macchine; parlano di cooperazione; sembra si riririno dall’Iraq, e intanto hanno spostato 3 divisioni in Afganistan, dove hanno subito ripreso a uccidere civili; continuano a riarmarsi: 100000 nuovi effettivi in programma, e, tra altre cose, una determinazione feroce a non perdere “superior air capabilities”...Li avete letti gli annunci delle agenzie di stampa, o no? E mi si sta a dire su questo blog che quel che scrivo di Obama lascia il tempo che trova, o che, diamine, si desse un pò di tempo al buono e simpatico Obama perché si districhi da questi impicci che non ha iniziato lui, poverino...Sveglia ragazzi. Se vogliamo fare opposizione seria—facciamola. Volete un pò di informazioni dagli yankee stessi? andate su theamericanrulingclass.org (buona lettura) Mi fermo qui—ho scritto troppo. Ho ancora molto da dire su questo e molto altro. Grazie per l’ascolto. Alla prossima. Hasta luego

Questo post è stato pubblicato il 08 febbraio 2009 in ,,. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

5 Responses to “Dissenso, razzismo in America & Obama”

  1. "la cui politica estera anti-USA andrebbe pure bene"

    io ti chiedo gentilmente di non scrivere piu nulla del genere su questo blog. e' in corso la piu grave crisi istituzionale della storia della repubblica, siamo andati a tanto cosi dal golpe, il governo continua ad alzare la posta e a sputare sulla separazione dei poteri, la situazione potrebbe degenerare ulteriormente, se nei prossimi giorni i sondaggi non tengono e passano dalla parte del vaticano siamo spacciati. NON ABBIAMO ASSOLUTAMENTE TEMPO PER DISCETTARE DI AMERICANISMO O ANTIAMERICANISMO. adesso non ce ne frega niente di niente dell'america. scusa la franchezza ma spero di essere stato chiaro.

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  2. Sono il titolare di questo blog, e sono notoriamente preoccupatissimo (e molto impegnato, com'è noto) sul fronte di ciò che sta accadendo in questo paese.
    Cionondimeno, invito tutti a non permettersi più di decidere al mio posto cosa deve essere scritto e cosa non deve essere scritto su questo blog: c'è sempre tempo per tutto, finché si tratta di confrontare le nostre opinioni su temi interessanti. Contrapporre alla censura un'altra censura significa soltanto aggiungere un torto a un altro torto.Speri di essere stato chiaro, ed infatti -purtroppo- sei stato chiarissimo: da queste parti non c'è posto per alcuna censura. A parte la censura per la censura, ovviamente. Spero di essere stato chiaro io, stavolta.

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  3. non hai risposto alla domanda.

    perche' ti sei reso corresponsabile delle loro politiche di morte negli ultimi vent'anni?

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  4. Rieccomi Pouki.
    Non intendo mettere in dubbio la tua conoscenza del sistema (e sottosistema) politico economico americano. Non ne i mezzi e le conoscenze (ne le intezioni invero).
    Prendo nota di tutto e vedo di tirare fuori qualche approfondimento di mio su internet e su libri. Interessante ed importante argomento.
    Non intedevo invece sostenere Obama come "messia" puro e innocente quando ti ho scritto che le tue affermazioni lasciano il tempo che trovano. Quello che volevo sottolineare è che gli americani sono in grado di cambiare. Al di là del razzismo di fondo "Politically Corret" e della strumentalizzazione del colore della pelle. E questo di per sè e motivo di speranza in generale.
    Che poi Obama sia il solito burattino nelle mani delle solite lobbies non ci piove. Resta il voto degli americani (a meno che non sia stato truccato ma non credo). Indottrinato? Pilotato? Forse. Tuttavia ha buttato giù un altra barriera. Forse solo nella testa degli americani. O forse solo nella mia. Ha portato un cambiamento. In meglio o in peggio sarà la storia (as usual) a definirlo.
    Quanto alla tua mobilitazione per un'opposizione al sistema politico-economico globale ti rispondo: frena un pò. Opporsi alle meccaniche del sistema richiede una base politica forte e un'influenza non indifferente. Non ritengo che sia possibile farlo in una generazione. Ma nemmeno in due o tre. Cambiare il mondo richiede un certo realismo. Le battaglie contro i mulini a vento sono molto nobili ma praticamente inutili oltre che dannose. La mia capacità di vedere un cambiamento la voglio limitare all’Italia. Tentare di espanderla all’estero e alle meccaniche internazionali sarebbe totalmente dispersivo. Preferisco focalizzare la mia attenzione dove un cambiamento, seppur minimo, può essere portato. Il cambiamento che auspichi verrà, forse, con il passare della storia e non senza grandi prezzi da pagare ma temo che ne tu ne io ne vedremo gli effetti.
    Rispetto la tua idea ma sinceramente ho obiettivi più modesti da inseguire. Ti faccio i miei migliori auguri.

    Detto questo ti saluto.
    A presto.

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  5. in questo tuo secondo post trovo molti punti di contatto con il mio pensiero, antiamericano di fondo, sono profondamente d'accordo sull'inesistenza dell'opposizione in questo paese, sulla politica autolesionista di rifondazione comunista, a cui per tanti anni ho dato il mio voto, salvo poi tappandomi il naso votare per il pd alle ultime elezioni nel vano tentativo di arginare il ritorno del craxismo/berlusconismo.
    Non riesco pero' a capire come si possa trovare alleati sul fronte pacifista in gente che crede in una dottrina che (mi ripeto) nel corso dei secoli ha solo perpretato stragi in nome del suo dio.
    sono profondamente d'accordo sull'analisi che fai delle tematiche legate al grande malcom x, a martin luther king, alle pantere nere, al movimento di protesta anti guerra del vietnam e al potere dell'america White AngloSaxone Protestant che ha preso in giro il mondo con i vari fantocci tipo powell e rice, non condiv1dio pero' assolutamente la tua semi assoluzione per bush II e bush I a cui attribuisco molte delle colpe anche per la situazione economica e politica attuale....
    Spero solo che la lunga lisa di tristi personaggi facenti parti dell'amministrazione obam che elenchi siano solo un compromesso per cercare di traghettare il grande impero in una direzione differente, spero (e come me credo tutti coloro che nel mondo hanno applaudito a quest'elezione) che i discorsi di obama non siano vuoti e mera apparenza, spero tutto cio altrimenti siamo veramente nella MERDA!!!
    coma gia piu' persone ti hanno detto sei sicuramente piu adentro di noi nei fatti americani, ma forse ti manca di vivare un po' piu' da vicino la realta' italiana di tutti i giorni.... negli states forse sono gia' assuefatti a vivere in un regime qui nonstante 40 anni di democrazia cristiana c'e' ancora qualcuno che spera di riuscire a vivere in un paese libero!! spero di essere stato lineare... ma scivendo a tarda notte dal giappone forse ogni tanto mi incarto... attendo il tuo prossimo post ma mi permetto di darti un piccolo consiglio... vivi un po piu' da vicino la realta italiana sulla tua pelle poi riparliamo di alcune tue considerazioni. io ho vissuto 5 anni in un paese arabo, ora faccio avanti e dietro col giappone, e ti assicuro che vedere le cose italiane da lontano e viverle giorno per giorno sono due cose diverse....

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